Partito di Alternativa Comunista

I PRIMI A PAGARE LA CRISI SONO GLI IMMIGRATI

Politiche del governo e razzismo
I PRIMI A PAGARE LA CRISI SONO GLI IMMIGRATI
 
di Pia Gigli
 
 
La crisi capitalista e i lavoratori immigrati
Vittima della crisi economico-finanziaria mondiale è tutta la classe lavoratrice, ma in questo ambito i lavoratori immigrati sono i primi a pagare. La borghesia, per poter sopravvivere, deve spingere al massimo lo sfruttamento del lavoro salariato.
 
Quindi ha necessità di regolare il mercato del lavoro e la mano d'opera in eccesso che si crea in tempi di crisi come questo. Lo testimoniano i licenziamenti di lavoratori stabili e precari, l'aumento della cassa integrazione, la chiusura di siti produttivi: tutte misure che vanno ad ingrossare l'esercito di riserva della forza lavoro, spingendo verso il basso i salari e le condizioni di lavoro. Le prime vittime dell'eccedenza di forza lavoro sono gli immigrati: in Italia, ad esempio, la crisi del settore edile si abbatterà inevitabilmente e in primo luogo sui lavoratori immigrati che rappresentano una buona percentuale di impiegati in questo settore, spesso lavoratori in nero, senza permesso di soggiorno, vittime di discriminazioni e maggiormente colpiti da infortuni sul lavoro.
 
 
Politiche del governo: una faccia della reazione del capitale alla crisi
La reazione del capitale alla crisi si sostanzia in primo luogo con le politiche governative. Si tratta di provvedimenti legislativi che pervadono tutti i Paesi a capitalismo avanzato e che, dopo un periodo di relativa apertura delle frontiere ai flussi migratori dai Paesi dipendenti (funzionali allo sfruttamento, soprattutto attraverso il lavoro nero, di una gran massa di forza lavoro), oggi si inaspriscono in senso poliziesco-repressivo.
E' da ricordare la recente Direttiva europea sui rimpatri che tende a ridurre enormemente i flussi migratori, fissando paletti molto rigidi all'entrata, alla permanenza e favorendo le espulsioni. Anche nel nostro Paese, gli accordi con i Paesi di provenienza e le politiche della “Fortezza Europa”, hanno prodotto dal 1 settembre al 30 novembre 2008 l'espulsione di 6.635 stranieri; dalle frontiere marittime di Ancona, Bari, Brindisi e Venezia sono stati espulsi verso la Grecia 1.816 stranieri giunti clandestinamente, alcuni dei quali minori e provenienti per lo più da Paesi in guerra come l'Afghanistan.
Su questa linea repressiva si è posto da subito il governo Berlusconi, in piena continuità con il governo Prodi sostenuto dalla sinistra radicale, con provvedimenti che inaspriscono le precedenti leggi Turco-Napolitano e Bossi-Fini, vere e proprie creatrici di clandestinità.
In questi giorni è in approvazione in parlamento il "pacchetto sicurezza" di Maroni (già liquidato questa estate dal consiglio dei ministri) che è un vero manifesto di razzismo istituzionale e sferra un attacco senza precedenti ai lavoratori immigrati. Infiniti ostacoli vengono posti al ricongiungimento familiare e all'acquisizione della cittadinanza attraverso il matrimonio; si introduce il reato di ingresso e soggiorno irregolari che non comporta più l'incarcerazione, ma il pagamento di una multa da 5000 a 10000 euro! Ed una multa di 2000 euro o l'arresto per un anno sono riservati a che rifiuta di esibire i documenti. Per il rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno la tassa sarà di 200 euro; sarà obbligatorio essere in possesso del permesso di soggiorno per trasferire il denaro alle proprie famiglie all'estero (e le agenzie di trasferimento hanno l'obbligo di denuncia) e per tutti gli atti di stato civile. Viene introdotto il permesso di soggiorno "a punti" frutto di un accordo di integrazione in cui lo straniero dovrà dimostrare la conoscenza della lingua, delle leggi e degli ordinamenti dello Stato; inoltre è prevista la cancellazione anagrafica dopo sei mesi dalla scadenza del permesso di soggiorno, mentre la permanenza nei Cie - Centri di identificazione e di espulsione (ex Cpt)- viene aumentata fino a 18 mesi (anche per i minori). Viene introdotta la schedatura dei "senza fissa dimora" che fa il paio con la schedatura dei rom attraverso le impronte. Vengono inoltre confermate tutte le facoltà di repressione in capo ai sindaci e si istituzionalizzano le ronde dei cittadini. Sul provvedimento incombono poi eventuali emendamenti della Lega quali ad esempio la proposta di blocco del decreto flussi per due anni (cosa che non dispiace ad alcuni settori della Cgil) e l'obbligo di denuncia da parte dei medici che prestano cure ad immigrati clandestini.
 
 
Il razzismo, l'altra faccia della reazione del capitale alla crisi
Il razzismo istituzionale teso alla restrizione dei diritti dei lavoratori immigrati alimenta il razzismo e la xenofobia nella società, un senso comune che fa ritenere "normale" l'istituzione, ad esempio, delle "classi ponte" riservate agli studenti stranieri nelle nostre scuole. In questo anno si sono moltiplicati gli episodi di intolleranza e di violenza: la strage di Castelvolturno, l'omicidio di Abba a Milano, i pestaggi di Emmanuel a Parma e di un lavoratore cinese a Roma, oltre alle numerose aggressioni. A ciò si aggiungono sgomberi e rappresaglie di ambulanti e lavavetri da parte delle forze dell'ordine a seguito di ordinanze di sindaci o addirittura stanziamento di fondi per rispedire nel loro Paese di origine intere famiglie di immigrati (come è avvenuto in un comune della provincia di Treviso).
Il capitalismo in crisi si serve delle sue istituzioni dunque per alimentare la divisione tra lavoratori immigrati e nativi. Per questo si serve anche dello strumento del razzismo, mette in atto campagne di sicurezza e di criminalizzazione del “diverso” (non solo per il colore della pelle, ma anche per cultura, religione ecc.) che diventa il capro espiatorio su cui scaricare rabbia e disagio.
Il razzismo lavora contro gli interessi di tutti i lavoratori ed è quindi necessario costruire l’unità e la solidarietà di classe tra lavoratori immigrati e nativi per una battaglia comune.
 
 
Noi lavoratori immigrati e italiani non pagheremo la vostra crisi!
Le numerose mobilitazioni di questi mesi dei lavoratori immigrati contro il razzismo e i provvedimenti del governo, a Milano e a Castelvolturno, a Roma il 4 ottobre e più recentemente a Brescia e a Mestre, insieme alle mobilitazioni e agli scioperi dei lavoratori italiani contro gli attacchi del governo e del padronato ai diritti, al lavoro, ai contratti, alla scuola, ai servizi pubblici, devono essere connesse tra loro e rappresentare soltanto tappe per la costruzione di un grande sciopero generale che dia voce e potere alle classi oppresse e che spazzi via questo governo reazionario e razzista. Occorre costruire comitati in ogni città ed in ogni quartiere per contrastare ogni forma di razzismo e di xenofobia. A questo fine si stanno costruendo in varie città d'Italia comitati "Stop Razzismo" che vogliono continuare l'esperienza sfociata nella mobilitazione  antirazzista del 4 ottobre. Come Pdac sosteniamo e partecipiamo, nazionalmente e localmente, questa iniziativa. 
Occorre costruire un grande movimento di classe indipendente dalle burocrazie sindacali e dai partiti riformisti. Non è sufficiente "bloccare" la Bossi Fini per due anni, come richiede la Cgil, né sono accettabili politiche compatibili con il "salvataggio" delle imprese in crisi (proposte dalla stessa Cgil) che tendono a dividere i lavoratori immigrati tra "regolari" e "irregolari". Occorre che tutti i lavoratori immigrati si autoorganizzino insieme con i lavoratori italiani più avanzati su una piattaforma di lotta più generale che contempli tra l'altro l'abolizione dei provvedimenti razzisti e repressivi del governo, l'abolizione dei Cie, l'abolizione delle leggi Turco-Napolitano e Bossi Fini, che rivendichi il permesso di soggiorno sganciato dal lavoro, la cittadinanza per i figli di immigrati, il diritto d'asilo e pari diritti su lavoro, casa, scuola e sanità tra italiani ed immigrati.
 

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