Berlusconi e il berlusconismo:
un punto di vista di classe
Nota della redazione web
Lunedì 12 giugno è morto, a 86 anni, Silvio Berlusconi. Era ricoverato nella suite del reparto di degenza dell'ospedale San Raffaele di Milano: 300 metri quadrati, 9 stanze, 3 bagni, Wi-Fi, servizio stampa e servizio rinfresco per gli ospiti. Questi, da un punto di vista di classe, non sono dettagli: delineano chiaramente il quadro di uno dei più ricchi capitalisti d'Italia che ha goduto delle migliori cure possibili senza dover attendere un solo minuto in code e liste d'attesa infinite. Milioni di proletari, a causa dei tagli miliardari operati da tutti i governi (compresi quelli guidati dallo stesso Berlusconi), sono destinati a ben altra sorte.
Gli anni del berlusconismo
La notizia della morte di Berlusconi ha dominato tutte le principali testate internazionali. In molti lo hanno definito l’«inventore del populismo di destra» o il «predecessore di Trump». C’è un fondo di verità in tutto ciò: effettivamente, Berlusconi è un personaggio che nulla ha da invidiare ad altre «perfette nullità» del calibro di Trump. È una delle espressioni del capitalismo in putrefazione, nonché uno dei primi rappresentanti una fase storica in cui tutti i partiti tradizionali della borghesia sono entrati in crisi profonda, lasciando spazio al populismo di destra.
Maschilista all’ennesima potenza (gli scandali del «Ruby Gate» e del «Bunga bunga» sono solo due tra i tanti esempi), colluso con la mafia e con le logge massoniche, spregiudicato nell’uso delle aziende di comunicazione di sua proprietà (Fininvest, Mediaset, ecc.), difensore anzitutto dei suoi interessi di famiglia prima che di quelli della grande borghesia nel suo complesso, Berlusconi è riuscito a governare l’Italia per quasi 10 anni (sono stati infatti ben quattro i governi da lui presieduti), colpendo duramente la classe lavoratrice.
Sono tante le nefandezze sul conto di Berlusconi, per questo non ci uniamo certo a chi oggi – a destra come a sinistra – lo compiange: Elly Schlein ha sospeso la direzione nazionale del Pd in segno di lutto, mentre Ferrero, sul sito di Rifondazione comunista, «porge le condoglianze alla famiglia»… (sic!).
All’ombra dei suoi governi abbiamo avuto: le peggiori leggi razziste e xenofobe (come la Bossi-Fini), decreti precarizzanti (come la Legge Biagi), attacchi violenti e continui alle donne (non solo per il linguaggio volgare e maschilista, ma anche per le politiche a sostegno delle associazioni antiabortiste, i tagli ai servizi sociali, ecc), tagli miliardari alla scuola pubblica (la «riforma» Gelmini), leggi ad personam per garantire a sé e ai suoi collaboratori (inclusi quelli sospettati di rapporti con la mafia) l’impunità in tribunale, accordi economici con i peggiori dittatori (da Gheddafi a Putin), partecipazione alle guerre imperialiste in Afghanistan e in Iraq. Ai tempi del secondo governo Berlusconi c’è stata la macelleria di Genova 2001 (in occasione del G8 da lui presieduto), con tanto di omicidio del giovane compagno Carlo Giuliani.
Ma l’elenco dei crimini di Berlusconi sarebbe lungo… altro che condoglianze alla famiglia!
Ipocrisia di un certo anti-berlusconismo
Va detto che se oggi seppelliscono Berlusconi, il berlusconismo, nato nel 1994 con l'ingresso in politica del partito/azienda Forza Italia, è morto e sepolto dal 2011, anno in cui cadde, su spinta dell'imperialismo europeo durante la crisi dello spread, il quarto governo Berlusconi.
Dal punto di vista politico, Forza Italia e tutto il corollario di leghisti, post-fascisti e democristiani che viaggiavano a traino di Berlusconi non sono mai stati interlocutori affidabili per la borghesia industriale e finanziaria italiana (ed europea). L’uso privato e personalistico del potere pubblico, la commistione tra la sfera privata e istituzionale, la volgarizzazione della politica, il controllo pressoché totale dell’informazione attraverso un impero televisivo ed editoriale, la legislazione ad personam per favorire le sue aziende e per evitare guai giudiziari, la trasformazione della politica borghese nel mediocre avanspettacolo proposto dalle sue reti televisive, l’affiliazione alla loggia massonica P2 e i rapporti con la mafia hanno fatto di Berlusconi il «mostro» necessario ai Democratici di sinistra prima, e al Partito democratico poi, per «lavarsi la faccia».
Basta pensare a quello che è stato fatto all’indomani della caduta dell’ultimo governo Berlusconi: in nome dell’anti-berlusconismo, il successore di Berlusconi, Mario Monti, ha portato a compimento, con il sostegno del Pd e la non belligeranza delle direzioni sindacali confederali (Cgil in testa!), uno dei peggiori attacchi alla classe operaia e ai pensionati della storia repubblicana (inclusa la «riforma» Fornero delle pensioni, approvata con sole… tre ore di sciopero).
La polarizzazione fittizia tra berlusconismo e anti-berlusconismo ha animato 17 anni di vita politica in Italia, dove l’alternanza tra centrodestra e centrosinistra è stata attraversata da un coerente filo antioperaio: dalla riforma Dini delle pensioni alla già citata legge Biagi sulla flessibilità (leggasi precarietà) del lavoro. Ma il «mostro» Berlusconi è stato anche l’alibi per Rifondazione comunista, che senza nemmeno avere il pudore di togliere la parola «comunista» dal nome, è entrata nei governi Prodi 1 e Prodi 2, saltando senza vergogna la linea di classe e decretando la sua fine politica: in 25 anni i miserabili e falliti tentativi di ricostruzione dell’area riformista per rientrare in parlamento attraverso le liste Sinistra arcobaleno, Federazione della sinistra, Rivoluzione civile, L’altra Europa con Tsipras, Potere al popolo, La sinistra e Unione popolare, sono il giusto pegno da pagare per quel vile tradimento di classe ai danni dei lavoratori.
Dalla fine del Berlusconismo ad oggi
Dal novembre del 2011 ad oggi Forza Italia ha perso 6/7 punti percentuali ad ogni tornata politica, assestandosi intorno all’8% alle elezioni del 2022, voti perduti che nel 2018 ha incassato la Lega di Salvini e nel 2022 Fratelli d’Italia della Meloni.
Vale la pena di ricordare che in questi ultimi 12 anni si sono succeduti otto governi borghesi di differente colore che hanno portato avanti, sostanzialmente, le stesse politiche. Il proletariato difficilmente dimenticherà — solo per citare i momenti più drammatici — il massacro previdenziale e l’abolizione dell’articolo 18 operato da Monti col consenso bipartisan del parlamento; il Jobs act targato Pd che ha introdotto il precariato a vita; i Decreti Salvini per reprimere le lotte operaie (Lega -M5s); le migliaia di proletari mandate a morte durante la pandemia dal governo Conte (M5s-Pd); lo sblocco dei licenziamenti e l’ennesimo giro di vite sulle pensioni firmato dal governo Draghi col sostegno pressoché totale di tutto il parlamento; il Decreto lavoro del governo Meloni che ha ulteriormente aumentato i contratti precari e tagliato i contributi previdenziali.
Essendo totalmente centrata sulla figura del leader Berlusconi, oggi è difficile pensare a un futuro di Forza Italia: sarà la storia a dirci se il partito/azienda fondato da Berlusconi confluirà nella Lega e in Fratelli d’Italia o si impegnerà in un polo di centro insieme a Renzi e Calenda.
Quello che oggi è importante ricordare non è solo che il berlusconismo ha incarnato il volto volgare e reazionario della politica borghese, o che i governi Berlusconi hanno firmato alcuni tra i peggiori attacchi alle condizioni di vita dei lavoratori: tutto questo non ci stupisce, i governi nella società capitalista sono — per dirla con le parole di Marx — comitati d’affari della borghesia. Una lezione importante per i lavoratori arriva anche da quell’antiberlusconismo che in quegli anni è stato usato come unico - e pretestuoso - collante dell’opposizione. Berlusconi è stato lo specchio deformante di cui si pavoneggiava il Partito democratico, il partito liberale di riferimento della borghesia europea, che ha difeso gli interessi dei capitalisti e ha massacrato i lavoratori, abbinando alle azioni concrete una stucchevole idolatria della Costituzione borghese e una vuota fraseologia sui diritti sociali (che nei fatti calpestava).
Il berlusconismo è stata l’era in cui i partiti riformisti come Rifondazione comunista e Comunisti italiani hanno appoggiato, in nome di un astratto «meno peggio», i governi borghesi di Romano Prodi e Massimo D’Alema. Si risparmino le dichiarazioni gli Acerbo (Rifondazione comunista) e i Rizzo (ora a capo del Partito comunista, ai tempi sostenitore del governo D’Alema in quota Pdci), e confidino nella memoria corta di chi hanno tradito.