Partito di Alternativa Comunista

Medici in crisi e sistema sanitario nazionale in frantumi

Medici in crisi e sistema sanitario nazionale in frantumi

 

 

 

 

 

di Mario Avossa

 

 

 

I dati riportati sui quotidiani relativi alla carenza di medici e di personale sanitario illustrano una grave situazione. Questa non è recente e non è conseguenza della pandemia da Covid-19: è il risultato di anni di tagli draconiani alla sanità pubblica (1). La pandemia ne ha solo esplicitato contraddizioni e insufficienze.
Mentre i flussi di finanziamenti alle Regioni sono progressivamente ridotti, i capitoli di spesa pubblica regionale mostrano rigidità nell’edilizia sanitaria e nel ricorso alle aziende private in sanità che stanno dilagando fuori controllo; d’altro canto, la fluidità è intesa a tagliare ospedali di prossimità, posti letto, strutture territoriali, ambulatori e, ciò che è una barbarie, i Pronto soccorso, parallelamente alle rispettive piante organiche.

 

Il ruolo della stampa borghese

La stampa borghese pubblica di continuo lamentazioni sulle condizioni della sanità pubblica: la malasanità, le aggressioni ai lavoratori dei Pronto soccorso, le barelle nelle astanterie, la carenza dei medici di base, le strutture fatiscenti, le liste d’attesa e tante altre lacune. Non potrebbe fare diversamente perché il disastro è sotto gli occhi di tutti; ma, oltre l’ipocrisia nel fingere di dolersene, questo giornalismo non ha lo scopo di mettere di fronte alle loro responsabilità politiche i governi nazionale e regionali, piuttosto quello di sobillare il discredito nei confronti del Ssn (Sistema sanitario nazionale) e giustificare lo spostamento dei pazienti verso il baricentro privato, volgendo in affari le necessità di salute delle classi oppresse. La stampa borghese è comunque sempre molto avara nel pubblicare notizie circa quelle attività imprenditoriali private di ogni settore che si alimentano come idrovore dei fondi pubblici della sanità loro elargiti con generosità dalle amministrazioni regionali.
Secondo la stampa borghese e alcune testate specializzate del settore le carenze d’organico in sanità sarebbero alla base delle inefficienze e delle insufficienze della sanità pubblica, come se bastasse ristabilire gli organici per restituire al proletariato una sanità universale, efficiente e gratuita. Un’operazione di banalizzazione. Il crollo della sanità pubblica è la conseguenza della dissennata politica sanitaria dei governi capitalisti.

 

Snaturato il ruolo originario dei medici di base

La carenza dei medici di base determina la scomparsa, di fatto, non tanto di quei lavoratori ma delle funzioni a essi demandate. Il medico di base rappresentava in origine, inizio anni Ottanta, la necessità di mantenere l’assistenza sanitaria di prima istanza a un livello interpersonale, da cui la definizione di medico di famiglia o medico curante. Altrimenti, non vi era alcuna logica nell’assegnare a essi la capacità di prescrivere farmaci o esami diagnostici a carico del sistema sanitario pubblico, su ricetta pubblica.
Ma la figura professionale del medico di base nasceva già con una tara congenita, la sua natura privata e non pubblica, il rapporto di lavoro in convenzione privata con il sistema pubblico e non da pubblico dipendente. Questo ha determinato, negli anni, una stratificazione di classe con la formazione di un’élite corporativa molto influente negli Ordini dei medici e degli odontoiatri; gli Ordini sono poi diventati le anticamere di accesso al consiglio di amministrazione dell’Enpam, l’Ente previdenziale ultra-privato a cui tutti i medici e gli odontoiatri devono essere iscritti per obbligo di legge. Attualmente, l’Enpam è al centro di uno scandalo morale per i compensi faraonici che si auto-attribuiscono arbitrariamente i consiglieri di amministrazione, il cui presidente Oliveti (medico di base) guadagna 658.000 euro l’anno, più del Presidente della Repubblica Italiana, che guadagna 239.000 euro l’anno; gli altri, cifre di poco inferiori. Di contro, le pensioni attualmente erogate dall’Enpam consistono in pochi oltraggiosi spiccioli. In varie dichiarazioni Oliveti fa sapere che è tutto legale (2). Questi fenomeni parassitari appesantiscono la crisi dell’intero sistema sanitario.
La massima parte dei medici di base è formata da professionisti seri ma privi di risorse per intervenire efficacemente, come sarebbe nelle loro intenzioni: si contano 40.250 medici di famiglia, la media di assistiti per ognuno di loro è di 1.237 con il valore più alto al Nord (1.326), rispetto al Centro (1.159) e al Sud (1.102). Mantenere basso il numero dei medici di base giova a contenere la spesa pubblica regionale ed è ben visto da quelle élite di cui sopra. Questo spiega perché una parte dei medici di base è favorevole alle mini-privatizzazioni di territorio, come studi privati polispecialistici, e un ruolo possibile nelle Case di comunità, se fossero davvero realizzate; mentre, al di là delle falsificazioni pubblicitarie e di un immaginario futuro sanitario, al momento in cui scriviamo le Case sono semplicemente ridenominazioni di decrepiti poliambulatori superstiti (3).
Il diritto del proletariato ad avere un medico di famiglia è negato dalle condizioni oggettive prodotte dai governi nazionali e regionali di ogni colore politico; d’altra parte, ogni medico di base ambisce a curare bene i suoi assistiti e a disporre di strutture, strumentazioni e personale per poter esercitare efficacemente la sua professione.

 

La precarietà dei medici, il sovraccarico e lo sfruttamento

Il contenimento della spesa sanitaria significa sostanzialmente attacco ai diritti dei lavoratori della sanità, normativi e salariali. I concorsi pubblici sono rarefatti e indetti per poche unità di personale, di solito a tempo determinato, cioè per precari. Questo rappresenta anche un attacco ai diritti delle classi oppresse, i cui ammalati sono trascurati e consegnati alle linee private, in un’ottica mercantile.
La carenza di medici è reale. Secondo dati recentissimi della Federazione Cimo-Fesmed (associazione di categoria dei medici) – riporta il giornale di Confindustria Il Sole 24 ore - tra il 2010 e il 2020 in Italia sono stati chiusi 111 ospedali e 113 pronto soccorso e tagliati 37mila posti letto. Nelle strutture ospedaliere mancano oltre 29.000 professionisti sanitari. La stima è che già oggi, tra ospedale e territorio, manchino più di 20.000 medici: 4.500 nei Pronto soccorso, 10.000 nei reparti ospedalieri, 6.000 medici di medicina generale. Prosegue paventando che fra cinque anni potrebbero mancare centomila medici (4).
L’Anaao (associazione di categoria dei medici) denuncia «più di 3mila aggressioni in corsia in un anno, ore di lavoro straordinario non retribuite dalle aziende sanitarie (10 milioni l’anno), giornate di ferie arretrate di cui non possiamo godere (5 milioni l’anno), condizioni di lavoro indecorose, un contratto di lavoro già scaduto e nemmeno applicato. Sono 1.500 i colleghi che ogni anno scelgono di andare via da questo Paese» (5).
È evidente che non si tratta di mero sotto-finanziamento ma di un organico indirizzo capitalista di economia politica sanitaria.
Il fabbisogno di personale è determinato secondo parametri neoliberisti di politica sanitaria le cui linee guida sono dure e esplicite (6 – 7), d’impronta industriale, e non tengono conto delle peculiarità del lavoro sanitario né dei diritti dei pazienti di ricevere cure a misura d’uomo. E comunque i Lea (livelli essenziali di assistenza) sono ignorati, specialmente nelle regioni del centro e sud Italia.

 

Le cooperative come agenzie private

Le assunzioni col contagocce aprono la strada alle imprese private di collocazione di personale. Da alcuni anni le cooperative propongono personale sanitario che le Regioni assumono senza porre obiezioni, sotto forma di precari sfruttati. Hanno cominciato una decina d’anni fa e ora rappresentano una delle maggiori fonti di manodopera sanitaria. In esse non è visibile alcuna cooperazione, di fatto si tratta di aziende private di collocazione di personale. Sono nate per le professioni parasanitarie e infermieristiche ma si sono rapidamente estese anche ai professionisti medici.
La Federazione italiana Aziende sanitarie e ospedaliere è costretta a ammettere di sfruttare il lavoro medico dei precari; sotto le pressioni delle federazioni degli ordini di categoria (e del malcontento dei professionisti), a ottobre scorso ne ha chiesto la stabilizzazione: «Dall’inizio dell’emergenza Covid sono stati reclutati con modalità straordinarie 66.029 precari – si legge nel loro report -, 20.064 medici e 23.233 infermieri. Le restanti 22.732 unità sono operatori sociosanitari e altre professionalità (tecnici di radiologia e di laboratorio, assistenti sanitari, biologi…). Dalla platea complessiva vanno sottratti i medici abilitati non specializzati, gli specializzandi al quarto e quinto anno e il personale in quiescenza ma reclutato con incarichi di lavoro autonomo. Il numero di precari interessati dalla stabilizzazione è dunque pari a 53.677» (8).
L’intervento delle cooperative ha assunto dimensioni talmente allarmanti da costringere all’intervento l’Autorità anticorruzione che ha chiesto al ministero della Salute e a quello delle Finanze di intervenire con urgenza: «Per garantire il funzionamento dei servizi ospedalieri, le Asl devono rivolgersi alle cooperative private assumendo medici a giornata. Non esiste, però, alcun quadro normativo certo che possa indicare come procedere con tali assunzioni a ore, con quali limiti, entro quali prezzi, con che tipo di durata giornaliera. Si sottolinea l’elevato costo dei servizi; l’inadeguatezza del servizio offerto; la scarsa affidabilità del servizio (pensiamo alla lucidità di un medico dopo 36 ore filate di servizio); il far west dei contratti, di durata breve con elusione di qualsiasi principio di programmazione e concorrenza» (9).
Questa la situazione che i medici devono quotidianamente affrontare e che si ripercuote contro gli ammalati delle classi oppresse: si riuniscono così i diritti del proletariato con quelli dei professionisti della sanità pubblica di poter lavorare in numero sufficiente alle necessità reali e non astratte della popolazione, con garanzie normative e salariali adeguate alla professione, circondati da un ambiente consono alla dignità della malattia e di chi la cura, conforme ai migliori standard scientifici e clinici, sorretti da un‘organizzazione efficiente e sicura. I diritti dei lavoratori della sanità, professionisti e non, sono gli stessi diritti delle persone a essere curate in una sanità universale efficiente e gratuita.

 

Regionalismo differenziato e analogie con Alitalia

Le politiche attuali del governo Meloni si stanno sempre più allontanando da queste rivendicazioni elementari. Il regionalismo differenziato è un ulteriore passaggio verso la demolizione del Ssn. Lo spezzettamento del Ssn in venti sottosistemi regionali scollegati fra loro facilita il disegno capitalista - già in corso - di abbattere il Ssn e di mercificare la salute. Lo spezzatino del Ssn è analogo allo spezzatino di Alitalia che ne ha preceduto lo smantellamento e la consegna delle spoglie alla concorrenza estera. Questa disarticolazione è in corso già da anni, organizzata dai governi borghesi di ogni colore, tecnici e politici: una decomposizione di fatto che relega le regioni meridionali nel recinto di terre di saccheggio e sfruttamento e che nulla offre al proletariato dell’intera Italia e piuttosto ne peggiora le condizioni di vita. La formalizzazione giuridica e amministrativa del regionalismo differenziato apre la strada a ulteriori mortificazioni dei diritti dei lavoratori e al progressivo impoverimento della spesa pubblica rivolta ai servizi, che saranno ulteriormente privatizzati, con comprensibile compiacimento dei ceti capitalisti e borghesi parassitari che si abbeverano alle inesauribili fonti del debito pubblico, estorto alle tasche del proletariato con ogni mezzo, legale e illegale.
Occorre unire le lotte dei professionisti della sanità pubblica con quelle della classe operaia. Le rivendicazioni corporative cui di tanto in tanto assistiamo non sono segnali di forza ma di debolezza dei lavoratori della sanità, perché essi restano isolati dal contesto generale delle lotte della classe lavoratrice: le giuste rivendicazioni non trovano la via della lotta di classe e resteranno pie intenzioni oppure ostaggio dei capetti corporativi. Occorre indire assemblee retribuite sui luoghi di lavoro sanitario, ce ne sono ancora tutti i mezzi normativi; e da lì iniziare a indire i primi scioperi, da far confluire nello sciopero generale nazionale propriamente detto, di cui si sente la mancanza e del quale le direzioni burocratiche dei sindacati maggiori hanno una comprensibile paura.

 

Note

  1. https://www.salviamo-ssn.it/attivita/rapporto/4-rapporto-gimbe.it-IT.html#:~:text=4%C2%B0%20Rapporto%20GIMBE%20sulla%20sostenibilit%C3%A0%20del%20SSN&text=Quindi%2C%20dopo%20aver%20rivalutato%20la,ed%20erogazione%20dei%20servizi%20sanitari.

  2. https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/lavoro-e-professione/2014-07-31/fondazione-enpam-quanto-guadagna-202439.php?uuid=Aby6ep8J

  3. https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/lavoro-e-professione/2022-11-08/emergenza-medici-famiglia-sempre-meno-e-senza-riforma-163805.php?uuid=AE4AVGFC

  4. https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/lavoro-e-professione/2022-12-06/fnomceo-centomila-medici-pronti-ad-abbandonare-servizio-sanitario-prossimi-5-anni-175136.php?uuid=AEnCv6MC#:~:text=%E2%80%9CSempre%20pi%C3%B9%20medici%20lasciano%20il,le%20pi%C3%B9%20basse%20in%20Europa.

  5. https://ilmanifesto.it/la-sanita-pubblica-resta-sottofinanziata

  6. https://www.agenas.gov.it/ricerca-e-sviluppo/ricerca-corrente-e-finalizzata-ricerca-agenas-ccm/personale-sanitario/metodologie-e-strumenti-per-la-definizione-del-fabbisogno-delle-professioni-sanitarie

  7. https://www.google.com/search?q=METODOLOGIA+DI+VALUTAZIONE+PIANI+DI+FABBISOGNO+PERSONALE&oq=METODOLOGIA+DI+VALUTAZIONE+PIANI+DI+FABBISOGNO+PERSONALE&aqs=chrome..69i57.4092j0j15&sourceid=chrome&ie=UTF-8

  8. https://ilmanifesto.it/la-sanita-pubblica-resta-sottofinanziata

  9. https://www.ilmessaggero.it/italia/stipendi_medici_cooperative_1500_euro_giorno-7077432.html?refresh_ce

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